Singolo e Collettività: Filosofia Politica

+4

Avvertenze

Questo articolo è stato scritto da un essere umano senza alcuna esperienza di politica, nel senso stretto della parola. Si tratta di riflessioni personali, di natura principalmente filosofica. Se conoscete e/o avete studiato argomenti di questo genere, non esitate a commentare, suggerire, qualsiasi cosa formativa.

Introduzione 

Filosofia e politica. In un primo momento, sembrano ossimori. Il filosofo è colui che cerca un significato teorico, tralasciando la pratica. Una credenza generale, ma che non si distacca molto dalla realtà. L'errore sta nel credere che sia impossibile portare la filosofia nella vita di tutti i giorni. D'altra parte, c'è chi, come lo stesso Platone, ritiene universalmente che il buon governante è un filosofo, un essere umano che cerca risposte non solo sulla realtà della vita, ma anche sul mondo che lo circonda.

Non perché il filosofo possa accedere a conoscenze nascoste al comune mortale. Il filosofo rimette insieme i pezzi dei pensieri dei filosofi precedenti, scartando le teorie facilmente confutabili, almeno a suo parere. Immaginiamo una matrioska. Ogni domanda ne apre sempre di più, sempre più piccole. E si arriva all'agognata conclusione. Non ci abbiamo capito niente. E allora chiudiamo tutto, fine dello spettacolo. Il filosofo non smette mai di sorprendersi. Ha la soluzione sotto gli occhi e lascia il finale aperto per trovare una conclusione che seduca il suo pubblico. Si evolve nelle epoche, si ripete, si dimena. Ora il legame con la politica dovrebbe risultare più chiaro. Sia la filosofia che la politica cercano soluzioni.

Filosofia nel Dialogo della Polis

La filosofia parte dalla domanda che poniamo a noi stessi, all'individuo che siamo o che crediamo di essere. La politica cerca di mettere insieme tutti questi ingranaggi e di far funzionare al meglio la macchina. Fondamentalmente, la politica è una sorta di filosofia sul vivere in società, una specie di sillabario sul vita in comunità. Proprio nell'Antica Grecia si sviluppò il nucleo della politica. Ma fu già ai tempi dei Sumeri che l'incremento demografico aveva posto non poche questioni sulla vita in comunità. La parola chiave fu "connessione".  La connessione tra l'Uno, l'individuo, e il Tutto. Un modo di vedere quasi panteista: il mortale, rappresentato dall'uomo, e il Tutto, rappresentato da Dio. Nel nostro caso, il Tutto designa tutte le opere dell'essere umano e della natura. Noi sappiamo che la condizione di umano comporta non pochi limiti, ma anche molti vantaggi. La capacità di pensiero razionale e di emozione empatica svolgono un ruolo di rilievo nella gerarchia delle comunità. Da questo insieme nasce il dialogo, presente nella natura umana sin da quando la necessità di discutere con i propri simili obbligò l'Homo Sapiens a sviluppare un linguaggio. Il linguaggio rappresenta dunque il tramite attraverso cui l'essere umano interagisce con i suoi simili e conosce da vicino la propria natura. Le conversazioni introspettive si originarono con Socrate, seguito da Platone.

Utopia: un Sogno Perduto

La concezione tripartita dell'anima sarebbe dovuta corrispondere, secondo Platone, alla tripartizione nel cosiddetto "Stato ideale": una città governata da guardiani, reggitori e artigiani. I cittadini avrebbero dovuto credere ciecamente nella "nobile menzogna", e cioè di essere composti di oro, argento e metallo in proporzioni diverse in ogni individuo. In tale modo, secondo Platone, ognuno avrebbe accettato il proprio ruolo nell'utopia. Una politica discutibile, a partire dalla natura paradisiaca del mondo immaginato da Platone. L'utopia affascina in quanto misteriosa, lontana e inafferrabile. L'idea di utopia si è protratta nei secoli, tanto da influire sul mondo dell'arte, nel quale ha preso piede anche la distopia.

La parola "utopia", pur affondando le radici in epoca greca, fu coniata dall'inglese Thomas More nella prima metà del Cinquecento. L'utopia è, letteralmente, un mondo che non esiste. Un mondo per la sua stessa natura impossibile. Il paradiso non può esistere in quanto l'essere umano, al contrario degli oggetti, non ha una funzione, uno scopo assoluto e universale. Inoltre, l'utopia è uno spazio che non tiene conto delle differenze culturali.

Identità di Stato

Uno Stato, nella mia opinione, è determinato dagli sfondi etnico, culturale e sociale che lo costituiscono. Per quanto il suo valore abbia rilevanza in campo economico, lo Stato dovrebbe innanzitutto garantire stabilità ai cittadini e farsi portavoce dei loro ideali. A questo proposito, si discute della possibilità di istituire una lingua universale. Credo che le lingue siano una parte essenziale della cultura del proprio Paese, quindi non vedo l'utilità di sbarazzarsi di un elemento tanto importante nella storia della comunità umana. Se, comunque, si volesse rimarcare l'esigenza di comunicazione tra i cittadini dei vari Paesi, soprattutto in un mondo sempre più globale, abbiamo la risposta: l'Inglese è la lingua del presente, la lingua che apre le porte alla comunicazione con i Paesi esteri.

Uno Slancio verso l'Infinito

La filosofia si è sempre impegnata a cercare l'Infinito, a giungere all'assoluta conoscenza della natura, di per sé impossibile, visto che siamo umani e non abbiamo accesso alla complessità dell'universo. Certo è che possiamo esplorare la natura umana, l'Infinito dentro di noi. Anche se noi, in teoria, siamo una parte finita dell'universo, sono infinite le nostre emozioni e infiniti i nostri pensieri, differenti da individuo a individuo. Allora lo scopo della filosofia diviene cercare il principio del nostro Io, il principio di identità e personalità. Il mondo filosofico si basa su concetti opposti che si uniscono a formare l'insieme. Perlomeno, il filosofo guarda da una prospettiva spirituale, alla ricerca dell'elemento conciliatore, di pace. Così come la politica si deve occupare del benessere dell'individuo nella comunità, garantendo rispetto ai propri cittadini, ricorrendo a leggi eque, solidali. La falla dell'anarchia, come nota Orwell, sta nella possibilità, per chiunque, di ingannare il resto, o almeno una parte, del popolo, proclamandosi superiore ed eclissando un altro membro della società. Al contrario, la legge è, almeno in teoria, uguale per tutti. Questo significa che, mentre in una dittatura estrema o in una completa anarchia si riscontrerebbero privilegi, la legge mette ogni cittadino sullo stesso piano. La legge, però, può rivelarsi fallace, per via della tendenza degli esseri umani ad aggrapparsi a qualsiasi dettaglio per dimostrare il falso. La serie di possibilità è pressoché infinita e la ricerca della verità è un lavoro che richiede di scavare a fondo, oltre la superficie. Sembra inutile, a volte, quando la verità è nascosta tanto bene da essere confusa per una bugia implicita.

Moralità Convenzionale

L'etica, la disciplina che regola i comportamenti umani, intende migliorare la vita dell'essere umano tramite un corretto esercizio della virtù. Sulla moralità si è discusso per lunghi secoli, alla ricerca di una moralità "vera", fino a forme estreme, alla rinnegazione completa dei principi fondamentali su cui si muove la società. Il motivo principale è la flessibilità del concetto di moralità, dovuto alla natura astratta del termine stesso. La giustizia, inoltre, è spesso stata confusa con la protezione indiscriminata della propria persona. Rinnegare un nucleo fondamentale della morale significa credere che non esistono azioni "giuste" e azioni "sbagliate". La vita di ogni essere umano viene, in questo modo, paragonata a un vagabondaggio. Tuttavia, potremmo raccogliere alcune osservazioni per porre una sorta di "moralità condivisa": i fondamenti che pongono ogni cuore umano allo stesso livello. Per quanto possa risultare scontato, è un obiettivo quasi impossibile da raggiungere. Basti pensare alle differenze nello sviluppo e nel progresso dei vari Paesi. E, più a fondo, alle differenze che muovono dall'interno i meccanismi su cui si basano i sistemi politici di alcuni Paesi, soprattutto in Africa, in Asia e in America Latina. Questo fenomeno, per quanto, in lunga durata, pericoloso, avviene sotto i nostri piedi. Quindi, la nostra base è l'uguaglianza, alla nascita, di ogni essere umano. Per quanto riguarda lo sviluppo di sé, ogni essere umano è libero, fin quando la sua libertà non danneggia la libertà altrui. Sul modo di affrontare le effrazioni alla giustizia, non v'è una soluzione unica. Di certo bisognerebbe ripudiare il metodo "occhio per occhio, dente per dente", non solo perché in genere pone privilegi alle classi alte della società. Questo metodo primitivo, usato fin dai tempi del Codice di Hammurabi, è un serpente che si morde la coda, in quanto ogni interessato finirà per volersi vendicare con l'altro. Prendiamo, per esempio, una situazione quotidiana. Siccome tu hai strappato un fiore al mio giardino, io ne strapperò uno al tuo. E così via, fino a quando in nessun giardino cresceranno più fiori. Anche la pena di morte costituisce, secondo me, un inutile abuso di violenza. Il soggiorno in carcere, di lunghezza variabile in base alla gravità dei crimini, permette una riflessione sulla propria coscienza. Non mancano i casi in cui vengono accusati innocenti, magari lanciati in trappola senza che loro se ne accorgessero. Per questo è necessario riuscire a trovare argomentazioni a proprio favore e il maggior numero di prove sulla propria innocenza, anche se a volte le macchinazioni dei criminali sulla giustizia sono schiaccianti. Specialmente se dietro si rintracciano organizzazioni mafiose, dedite a traffici illegali e più difficili da rintracciare. La mafia, diffusasi inizialmente in Sicilia, si è successivamente estesa a gran parte del mondo, contaminando non solo il mercato, l'edilizia, la giustizia, ma anche l'autorità statale. Lottare alla mafia significa anche credere nella giustizia con piccoli gesti quotidiani.

Capitalismo: Vantaggi e Problematiche

Il sistema capitalista consiste fondamentalmente in un continuo flusso di denaro in entrata e in uscita. Il principale aspetto negativo è l'enorme accumulo di denaro da parte di pochi individui, individui spesso a capo delle principali multinazionali che usiamo tutti i giorni. Il denaro, soventemente, si rivela come il potere: più lo si possiede, più lo si desidera. Spesso i dipendenti delle grandi aziende vengono sottopagati. Si tratta di aziende che ormai hanno il monopolio del mercato. Le aziende piccole vengono acquistate dalle grandi, spesso a insaputa dei consumatori. Allora ci si rende conto che il capitalismo è troppo radicato nella nostra società per svanire nel nulla. Pone anche dei vantaggi, ognuno guadagna una piccola parte e la gran parte della società può permettersi di vivere una vita relativamente dignitosa. Ma restano sempre cittadini svantaggiati, che non possono accedere ad alcune risorse, beni che non sono garantiti ai più poveri.

Il capitalismo, all'origine, nacque da alcuni centri finanziari, diffusi sul territorio via via in modo sempre più capillare, a partire dal Medioevo, per sostituire il più antico sistema del baratto, basato sullo scambio reciproco. Altre teorie, tuttavia, sostengono che il capitalismo sia nato solo a seguito della Rivoluzione Industriale. Divenne un sistema dominante sicuramente in quest'epoca, con la creazione di un mercato di lavoro. La Rivoluzione Industriale, sorta nel Regno Unito, si estese successivamente anche agli Stati Uniti, al Giappone, per poi diffondersi a tutto il mondo. Lo sviluppo industriale è legato al progressivo sviluppo tecnologico. Negli anni recenti si sono notati gli effetti della dislocazione delle fabbriche e degli apparati di produzioni nelle zone meno sviluppate e in via di sviluppo, con conseguente costo minore della manodopera e guadagno maggiore. Gli studi dell'economista francese Braudel divisero lo sviluppo del capitalismo nell'economia mondiale in tre fasi:

• Economia materiale, con autoproduzione e consumo a scala locale;

• Economia di mercato, in cui produttori indipendenti scambiano i loro prodotti in mercati concorrenziali;

• Capitalismo a scala mondiale, caratterizzato da grandi imprese che si appoggiano al potere degli Stati.

D'altra parte, alcuni sostenitori del capitalismo puro sostengono che i meccanismi di mercato sono capaci di mantenere l'economia in condizioni di equilibrio, assicurando al contempo un equo compenso ai produttori. Tuttavia, non possiamo rimanere ciechi di fronte alla precarietà della Russia. La nazione degli oligarchi, in teoria mossa dal Comunismo, almeno in passato, vede milioni di persone nella miseria.

Guerra tra Interesse e Difesa

La guerra è un meccanismo generalmente utilizzato per preservare i propri confini o espandersi in altre aree. In genere, il Paese in attacco intende espandersi, mentre il Paese che riceve l'attacco intende difendere i propri confini. I conflitti hanno costituito, nel susseguirsi delle varie civiltà, il filo conduttore a cui si è sempre ricorsi. Il declino dei grandi imperi fu causato innanzitutto dalla ribellione delle popolazioni locali, sfociate in aspri conflitti armati. Uno degli aspetti fondamentali del Novecento fu la decolonizzazione, il processo nel quale i Paesi, soprattutto africani e asiatici, vittime della colonizzazione europea, ottennero l'indipendenza. Si pensi, ad esempio, al caso del Vietnam, in cui furono coinvolti gli eserciti locali, la Francia e gli Stati Uniti. Questo conflitto insegna come l'abuso delle armi chimiche e della violenza porti alla distruzione delle risorse e dei cittadini. In particolare, le guerre d'indipendenza del Novecento e le due Guerre Mondiali causarono distruzioni irreparabili per via dell'evoluzione delle armi coinvolte e l'introduzione di nuove armi, come la bomba atomica e i kamikaze. Mentre oggi si guarda spesso con nostalgia al secolo passato, ci si dimentica come le guerre non fossero più caritatevoli e docili di quelle odierne. Certo è vero che una delle scintille della gran parte delle guerre si rivelò la consapevolezza delle popolazioni locali ad autogovernarsi, in un quadro in cui il sospetto e la tensione erano all'ordine del giorno. Non dobbiamo sottovalutare la Guerra Fredda e i ritmi di velocità che ne susseguirono. Il blocco sovietico e il blocco americano, prima uniti nella comune lotta al Fascimo e al Nazismo, dichiarono implicitamente l'uno all'altro una lotta allo sviluppo, simboleggiata probabilmente dalla corsa allo spazio, e ostilità reciproca, simboleggiata dal Muro di Berlino. Al contrario, nel Settecento e nell'Ottocento la ricerca di indipendenza attraverso la ribellione alle classi governanti era confinata all'interno dei singoli Paesi in rivolta. La dissoluzione dei Paesi del blocco sovietico fu un processo quasi improvviso e di certo meno graduale della creazione di un'Italia unita e della Rivoluzione Francese.

In un mondo migliore, non si possono dimenticare i quadri storici del passato, anzi, bisognerebbe trarne lezioni essenziali. Consideriamo che la guerra è innanzitutto motivata da interessi specifici, come l'approvvigionamento di petrolio, oro, o anche semplicemente cibo. La diffusione iniqua delle risorse sulla superficie terrestre determina, per esempio, l'accumulo di pesce nelle zone artiche e di petrolio nel Medio Oriente, zona già afflitta da dittature autoritarie. Ci si muove, letteralmente, in un campo minato. Soprattutto adesso che le risorse scarseggiano sempre di più, è nel proprio interesse usufruirne prima che finiscano. Dimostrare il proprio valore militare equivale a una dimostrazione di forza e merito. Servirebbe una distribuzione equa di ogni bene, in base alla necessità reale dei vari Paesi, ma per mettere in pratica una risoluzione di questo tipo dovrebbe esistere un forte potere centrale mondiale. Inoltre, si tratta di sole ipotesi, nella situazione comune in cui le risorse non sono sufficienti per tutti. A questo punto, andrebbero distribuite maggiormente a chi ne ha maggiore necessità. Ma mi sto muovendo su un filo spinato: la situazione è sempre più critica. Al contempo, mentre il fantasma della guerra sembra intimarci che la soluzione risiede in un conflitto, dovremmo ricordarci che la lotta armata finirebbe solo per inasprire la situazione. Il fine giustifica i mezzi?

La lotta armata può anche essere confinata all'interno di un Paese, soventemente a partire dal popolo insoddisfatto della gestione politica dei propri diritti. In questo senso, garantire la libertà dei cittadini è una svolta fondamentale. La libertà di parte del popolo non deve precludere la libertà di un'altra parte del popolo: la repressione genera violenza, la violenza causa guerra. Si tratta di un dato oggettivo, viste le conseguenze di dittature autoritarie come quella di Al-Assad in Siria.

Democrazia Aperta

Trovare la soluzione ideale a ogni situazione è un lavoro delicato. Come abbiamo visto, la scelta dovrebbe essere risultato di una dovuta argomentazione e conciliazione. La legge è un ordinamento essenziale per governare il cittadino, ma non tiene conto del lato emotivo della personalità umana. La legge è la base su cui svolgere l'indagine, per scoprire le falle e i passi falsi. Ma è pur sempre limitativa. Alla legge si dovrebbe unire la riflessione. Il proprio pensiero si rivela essenziale in situazioni come le elezioni politiche. Di certo la democrazia è più di un processo per votare qualcuno come proprio rappresentante politico. La democrazia è aperta, innanzitutto è fondata sul dialogo. Tuttavia la società è sempre stata governata da contrapposizioni, tra cui l'esempio più eclatante è la differenza tra il Fascismo di Mussolini e il Comunismo di Marx e Lenin. Gli ideali di queste ideologie politiche sono molto diversi, si potrebbe dire opposti, ma, alla fine, nella pratica, Stalin fu crudele e calcolatore quanto Hitler. La democrazia aperta dovrebbe basarsi su obiettivi condivisi, sempre sulla base della connessione, obiettivi condivisi per garantire diritti a ogni cuore umano. A questo proposito associazioni regionali e continentali come l'Unione Europea svolgono un ruolo nevralgico in quanto garantiscono coesione a ciascuno Stato.

Tuttavia, le Nazioni Unite, fondate nel 1945 sulle fondamenta della vecchia Società delle Nazioni, così come si presentano oggi non riescono a risolvere le crisi politiche. Spesso causano complicazioni, per esempio a causa dell'overdose del diritto di veto da parte dei cinque membri permanenti, la Cina, gli Stati Uniti, la Russia, la Francia e il Regno Unito. L'Unione Sovietica, per esempio, pose il veto all'entrata dell'Italia nelle Nazioni Unite. Più recentemente, sia la Cina che la Russia apposero il veto a un'iniziativa che intendeva limitare l'utilizzo di armi chimiche nel conflitto Siriano. Le Nazioni Unite sono una società complessa. Il veto è un diritto per cui si è molto lottato nella storia. Ma è giusto che sia proprietà di pochi, per quanto potenti essi siano? Immaginando una situazione in cui tutti i Paesi disponessero di diritto di veto, la protezione indiscriminata dei propri interessi giocherebbe comunque un ruolo importante, e quindi costituirebbe un ostacolo? Credo che l'aiuto ai cittadini dei Paesi vittime di una crisi o una guerra dovrebbe essere garantito in ogni caso. Le armi finiscono solo per fomentare il conflitto. Come ho detto prima, bisognerebbe ricorrere al dialogo. Se la classe politica del Paese che ha scatenato la guerra non accetta il dialogo, tuttavia, la situazione del Paese vittima di guerra, priva di nuove armi, potrebbe essere sempre più violenta. È questa la battaglia interiore che molti hanno vissuto assistendo a conflitti come quello Russo-Ucraino. Continuerò a credere nel dialogo e nella democrazia aperta, ma mi rendo conto della posizione privilegiata e protetta in cui mi trovo, dato il progresso che caratterizza la Costituzione Italiana, che vieta all'Italia di partecipare a guerre e conflitti armati.

Erlebnis di W. Dithley

Il filosofo tedesco Wilhelm Dithley fu un innovatore, in quanto spiegò la contrapposizione tra i termini "spiegare" e "comprendere". La natura oggettiva va spiegata, mentre la realtà psichica ha bisogno di essere compresa. La comprensione è una fase successiva alla spiegazione. La vita psichica è, secondo Dithley, il risultato di un'evoluzione attraverso le epoche, cambia nei vari periodi storici, ma anche durante la vita di una persona. Il filo conduttore tra la vita psicologica dell'individuo e la società è l'Erlebnis, termine intraducibile, empatia che ci permette di comprendere i motivi dell'agire storico. Dalla comprensione empatica nasce la necessità di ragionamento razionale. La spiegazione e la comprensione dei concetti si uniscono e aiutano l'individuo a muoversi nella società.

Concludo con questa riflessione di Dithley. Non bisogna giudicare prima di conoscere bene, prima di aver compreso la situazione.

+2
Livello 20
31 Ago 2023
Bien blog
+2
Livello 40
31 Ago 2023
Grazie.